La scienza è l’unica fonte affidabile di informazione sulla realtà che ci circonda, sul funzionamento del mondo fisico, chimico, geologico e biologico; è essenziale nella formazione di ogni persona; è riconosciuta come la base dello sviluppo tecnologico e del miglioramento della qualità di vita delle persone.
Ogni società moderna deve basarsi sulla conoscenza scientifica. Non farlo avrebbe conseguenze molto gravi per la nostra salute, la nostra economia e il nostro benessere.
L’affidabilità della conoscenza scientifica deriva da tre componenti: 1) i dati scientifici devono essere verificabili e replicabili; 2) i risultati delle ricerche sono soggetti a valutazioni indipendenti fatte da esperti nel campo specifico di interesse scientifico; 3) i dati scientifici sono resi disponibili in modo trasparente a tutti.
Si tratta di un faticoso, lento ed esteso processo di analisi critica e verifica di evidenze sperimentali e osservative che permette di consolidare le conoscenze, valutandone al contempo limiti e contesti di applicabilità.
Tutti i ricercatori in ogni ambito scientifico pubblicano i loro risultati su riviste scientifiche solo dopo aver attentamente verificato la veridicità e robustezza dei risultati e delle conclusioni. Qualora i risultati non fossero sufficienti a trarre delle conclusioni o non fossero raccolti o analizzati in modo corretto i prodotti della ricerca vengono rifiutati dalle riviste scientifiche e quindi non vengono pubblicati.
Lo studio dei cambiamenti globali che hanno luogo nei sistemi naturali, e l’analisi del contributo dovuto all’azione umana, richiede ricerche importanti in diversi campi scientifici con significativi sforzi in campi interdisciplinari, e cerca di analizzare e comprendere le conseguenze sugli ecosistemi, sulle società, sull’economia e sulla vita delle persone. Per questa ragione le Nazioni Unite hanno costituito da tempo due istituzioni fondamentali per comprendere al meglio la dimensione e gli effetti dei cambiamenti in atto nel sistema climatico e la dimensione e gli effetti degli impatti sullo stato degli ecosistemi e della biodiversità, due problematiche centrali per il futuro dell’umanità. Per il cambiamento climatico si tratta dell’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change, https://www.ipcc.ch/) che svolge analisi sullo stato delle conoscenze scientifiche relative ai cambiamenti climatici, ai loro impatti e ai rischi ad essi connessi, oltre alle opzioni per la loro mitigazione e l’adattamento su scala mondiale e regionale, elaborando e sintetizzando le conoscenze acquisite in modo autonomo e indipendente da tutti i ricercatori e gli istituti scientifici mondiali. Questo enorme lavoro coinvolge migliaia di scienziati di tutto il mondo, senza alcun interesse economico o personale, accomunati solo dalla competenza e dalla qualificazione scientifica nel campo dei cambiamenti climatici. I risultati forniscono ai decisori politici le informazioni scientificamente più ampie, corrette e solide per valutare l’andamento del clima a livello globale e regionale. Per i sistemi naturali si tratta dell’IPBES (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, https://www.ipbes.net/) che costituisce l’equivalente dell’IPCC per la conoscenze sulla situazione della biodiversità e degli ecosistemi nel mondo, con una particolare focalizzazione sulla situazione dello stato di vitalità dei servizi ecosistemici, i servizi che i sistemi naturali offrono alla vita umana e alla sua salute consentendoci le condizioni essenziali per permetterci di respirare, bere, mangiare e realizzarci.
E’ grazie a istituzioni come l’IPCC e l’IPBES, che svolgono in modo continuativo e indipendente il ruolo di raccolta e verifica delle ricerche e degli studi effettuati dagli specialisti di tutto il mondo, che i decisori politici possono contare sulle migliori informazioni possibili per prendere le loro decisioni.
I risultati di IPCC e IPBES godono di un consenso unanime della comunità scientifica globale competente in questi settori. Questo non significa che non esistono ricercatori con opinioni differenti, ma queste opinioni restano prive di dati e basi scientifiche e pertanto non sono ritenute accettabili dalla comunità scientifica internazionale.
Le evidenze scientifiche raccolte in oltre 60 anni di ricerche da migliaia di ricercatori hanno permesso di chiarire in modo inequivocabile che le attività umane hanno un ruolo determinante e preponderante nella genesi dei cambiamenti climatici e nella profonda trasformazione dei sistemi naturali e che gli effetti che ne derivano sono e saranno responsabili di una progressiva perdita di biodiversità, di degrado delle condizioni ambientali, nonché di danni economici, sociali, e di perdita di salute e vite umane.
Nonostante ciò, le conoscenze scientifiche consolidate continuano ad essere messe in dubbio o negate sulla base di convinzioni personali, soprattutto quando i risultati delle ricerche vanno contro gli interessi economici o le ideologie politiche. Campagne sistematiche di disinformazione sono state promosse da lobby economiche per confondere i cittadini e diffondere dubbi sulle evidenze scientifiche acquisite. La produzione di false verità (“fake truths”) contribuisce a frenare, rimandare e persino a bloccare le azioni necessarie a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, riducendo gravemente le possibilità di adattamento e di riduzione degli impatti attesi. L’inazione avrà conseguenze molto gravi su tutti noi, a partire dalle componenti più fragili della popolazione umana. Agire domani sarà sempre più difficile e costoso rispetto ad agire subito e, come ci indicano i dati scientifici, più passa il tempo e più si riducono le finestre temporali per agire.
Negare, ostacolare, alterare la conoscenza scientifica espone la società e tutti noi a rischi gravi ed evitabili. I politici, i mezzi di comunicazione e tutte le componenti della società civile, imprenditori, educatori e gli stessi scienziati hanno una responsabilità morale e pratica di seguire e sostenere la conoscenza scientifica disponibile.
Scegliere le risposte più adeguate, decidere quali siano i rischi ritenuti accettabili e come distribuire costi e benefici degli interventi, sono responsabilità dei governi e dei parlamenti. La scienza fornisce conoscenze fondamentali per decisioni responsabili.
Basare invece le scelte politiche sulla negazione della conoscenza scientifica è irresponsabile.
Lanciamo pertanto un forte e sentito appello a tutte le forze politiche impegnate a giugno 2024 per eleggere i propri rappresentanti nel nuovo Parlamento Europeo affinché non neghino i risultati della conoscenza scientifica e si esprimano su come intendono risolvere i gravi problemi che affliggono il nostro clima e il deteriorato rapporto con i sistemi naturali della Terra.
Alleghiamo un breve riassunto solo di alcuni punti fondamentali sui quali vi è pieno consenso scientifico relativamente al nostro ruolo come attori del cambiamento globale che sta profondamente modificando i sistemi naturali e i cui effetti si riverberano pesantemente sulle nostre vite, il nostro futuro e quello delle nuove generazioni.
- Il periodo geologico della storia della Terra nel quale viviamo, l’Olocene, è iniziato 11.700 anni fa. Si tratta di un periodo interglaciale sin qui caratterizzato da una situazione di una certa stabilità nella dinamica dei sistemi naturali e del sistema climatico che ha favorito la fioritura della civiltà umana e una forte crescita della popolazione.
- Nell’Olocene la nostra specie ha trovato condizioni favorevoli per la nascita e la diffusione dell’agricoltura, iniziata circa 10.000 anni fa. La rivoluzione industriale, che si fa risalire al 1750, grazie agli straordinari avanzamenti della tecnica, ha accelerato l’utilizzo delle risorse naturali da parte dell’umanità.
- Homo sapiens fa parte dei sistemi naturali e non può assolutamente essere considerata una specie al di fuori della natura. Homo sapiens è geneticamente, anatomicamente, fisiologicamente, dipendente dal funzionamento dei sistemi naturali che gli permettono di respirare, bere e mangiare e dai quali dipende la sua salute fisica e psichica.
- La popolazione umana si ritiene fosse di circa 225 milioni all’anno zero ha raggiunto il primo miliardo di abitanti agli inizi del 1800, il secondo miliardo nel 1927, il terzo nel 1960, il quarto nel 1974, il quinto nel 1987, il sesto nel 1999, nel 2011 il settimo e nel 2022 l’ottavo.
- La specie umana costituisce solo lo 0,01% della biomassa vivente sulla Terra, ma a partire dalla rivoluzione industriale è diventata la specie dominante, in grado di modificare i cicli biogeochimici e fisici, i sistemi naturali e la distribuzione e sopravvivenza delle altre specie a livello globale.
- La biomassa di tutti i Mammiferi, la classe di animali cui apparteniamo, è costituita per il 60% da bovini, ovini, caprini, suini, equini, e tutti gli altri mammiferi da allevamento; il 36% è costituito dagli esseri umani e solo il 4% è costituito da tutte le specie selvatiche, dalla balenottera azzurra ai toporagni. Della biomassa degli uccelli solo il 30% costituisce l’avifauna selvatica; il 70% è costituito da polli, oche, anatre, ecc. allevate per i nostri scopi. Agli inizi del Novecento la situazione era completamente diversa e le specie selvatiche di Mammiferi e Uccelli costituivano la maggior parte della biomassa dei vertebrati del Pianeta.
- Il peso di tutti i manufatti sin qui costruiti dalla nostra specie (antropomassa) come edifici, strade, auto, aerei, e quindi asfalto, cemento, plastica, calcestruzzo, acciaio ecc. sul pianeta raggiunge una cifra superiore alla massa complessiva di tutte le specie viventi. Il peso dei manufatti antropici raddoppia ogni 20 anni: nel 1900 equivaleva al 3% della biomassa e nel 2020 è arrivata a superare il 100%.
- I sistemi naturali della Terra diminuiscono in quantità e varietà di specie viventi a ritmi senza precedenti e il tasso di estinzione delle specie sta accelerando a causa dei pesanti interventi dovuti all’azione umana, e oggi è stimato tra le decine e le centinaia di volte più alto rispetto alla media degli ultimi 10 milioni di anni. Si ritiene che un milione di specie sia a rischio di estinzione nei prossimi anni.
- La salute degli ecosistemi da cui noi e tutte le specie dipendiamo si sta deteriorando a una velocità anch’essa senza precedenti, pregiudicando la sostenibilità delle nostre economie, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita di tutti gli esseri umani in tutto il mondo.
- Il 75% degli ambienti delle terre emerse e circa il 66% degli ambienti oceanici sono stati significativamente alterati dalle azioni umane. Più di un terzo della superficie delle terre emerse e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono destinate alla produzione agricola e zootecnica. Il degrado del suolo ha ridotto la produttività del 23% della superficie delle terre emerse.
- Diverse forme di inquinamento solido, liquido e gassoso creano notevolissimi danni ambientali e causano malattie e decessi nella specie umana. Sono almeno 9 milioni i decessi ogni anno dovuti all’inquinamento atmosferico.
- Ogni anno si producono oltre 400 milioni di tonnellate di plastica; 19-23 milioni di tonnellate all’anno sono disperse nei fiumi e nei mari dove si frammenta in microplastiche che vengono ingerite con il cibo e con l’acqua nel nostro corpo e sono state trovate persino nella placenta delle donne gravide.
- L’intervento umano, in particolare a partire dalla rivoluzione industriale, ha modificato la concentrazione del biossido di carbonio (o anidride carbonica) nell’atmosfera che è passata da circa 278 parti per milione di volume (ppm) nell’epoca pre-industriale alle 420 ppm attuali. La concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera sta aumentando a un tasso di circa 2 ppm l’anno. L’incremento di biossido di carbonio rispetto ai livelli preindustriali è stato inizialmente causato soprattutto dal rilascio di carbonio nell’atmosfera derivante dalle attività di deforestazione e di altre modificazioni nell’uso dei suoli e sebbene le emissioni da combustibili fossili antropogeniche siano iniziate prima della rivoluzione industriale, esse sono diventate la fonte principale di emissioni di origine antropica a partire dal 1950 circa e la loro quota relativa ha continuato ad aumentare sino ad oggi.
- Le attività umane attraverso le emissioni di gas serra hanno inequivocabilmente causato il riscaldamento globale con una temperatura superficiale globale che ha raggiunto nell’intervallo 2011-2020 il valore di 1,1°C al di sopra del periodo 1850-1900. Il 2023 è stato l’anno con la temperatura media della superficie terrestre e degli oceani più calda nei dati sulla temperatura globale presenti dal 1850. La temperatura media globale è stata di 14,98°C, con 0,17°C in più rispetto al precedente valore annuale più alto verificatosi nel 2016. Si tratta di una temperatura di 1,48°C più alta rispetto ai livelli 1850-1900. Abbiamo registrato un riscaldamento in continuo aumento rispetto al periodo 1850 – 1900; ognuno degli ultimi quattro decenni è stato più caldo di qualunque decennio precedente, e l’ultimo decennio (2011-2020) è stato più caldo di oltre un grado (1,09°C) rispetto al periodo di riferimento. La temperatura è aumentata negli scorsi 50 anni a una velocità che non ha precedenti negli ultimi 2000 anni.
- Ogni anno che passa immettiamo nell’atmosfera una quantità crescente di gas ad effetto serra. Le emissioni di biossido di carbonio hanno raggiunto nel 2023 la cifra di 40 miliardi di tonnellate tra le emissioni dovute all’utilizzo dei combustibili fossili e quelle dovute alle modifiche degli usi dei suoli e la deforestazione. Dal 1850 al 2019 sono state rilasciate in atmosfera a causa delle attività umane circa 2390 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio.
Christian Agrillo, Presidente Società Italiana di Etologia (SIE)
Simonetta Bagella, Presidente Società Italiana Scienze Vegetali (SISV)
Fausto Barbagli, Presidente Associazione Nazionale Musei Scientifici (ANMS)
Sandro Bertolino, Presidente Associazione Teriologica Italiana (AITi)
Marco Alberto Bologna, Presidente Società Entomologica Italiana (SEI)
Federico Buonanno, Presidente Società Italiana di Protistologia (SIP)
Antonella Canini, Presidente Società Botanica Italiana (SBI)
Rodolfo Carosi, Presidente Società Geologica Italiana (SGI)
Cristina Castracani, Presidente Associazione Italiana Artropodi Sociali (AIAS)
Domenico D’Alelio, Presidente Associazione Italiana Oceanologia e Limnologia (AIOL)
Maria Cristina Facchini, Presidente Società Italiana Scienze del Clima (SISC)
Elisa Anna Fano, Presidente della Federazione Italiana delle Scienze della Natura e dell’Ambiente (FISNA)
Gentile Francesco Ficetola, Presidente Societas Herpetologica Italica (SHI)
Cristina Giacoma, Presidente Unione Zoologica Italiana (UZI)
Michela Pacifici, Presidente Society for Conservation Biology, Italy Chapter
Antonella Penna, Presidente Società Italiana di Biologia Marina (SIBM)
Lorenzo Peruzzi, Presidente Società Italiana di Biogeografia (SIB)
Antonio Pusceddu, Presidente Società Italiana di Ecologia (SItE)
Maurizio Sarà, Presidente Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO)
Massimiliano Scalici, Presidente Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci (AIIAD)
Luca Sineo, Presidente Associazione Antropologica Italiana (AAI)
Marco Valle, Presidente Società Italiana Scienze Naturali (SISN)